LESSICO DI ETICA PUBBLICA – ANNO V Numero 2/2014 – ISSN 2039-2206

Tra dovere e responsabilità. Un rinnovato e atteso dialogo

I. I saggi qui raccolti hanno avuto una prima occasione di presentazione nel contesto della XV edizione della Scuola di Alta Formazione Filosofica che si è svolta ad Acqui Terme (Alessandria) dal 16 al 18 gennaio 2013. Compaiono ora in versioni sottoposte ad un processo di aggiornamento e revisione che, si crede, ha contribuito a portare gli autori ad esprimere il punto da loro affrontato con maggior precisione e vicinanza all’insieme tematico di tale occasione seminariale.

Quest’ultimo è ora raccolto dal titolo, che rinviene in concetti particolarmente importanti per la storia del pensiero filosofico occidentale – dovere, responsabilità, individualismo – altrettanti angoli visuali preferenziali. Per iniziare a meglio inquadrare tali visuali, si intende in ciò che segue chiarire i profili di tre considerazioni di fondo e delle correlative stipulazioni.

In primo luogo e quale prima considerazione, è opportuno soffermarsi sul dittico “dovere e responsabilità”. L’aura storico-concettuale evocata da tale binomio rimanda immediatamente ad una contrapposizione, meglio, ad un confronto “classico” tra due figure di primissima grandezza del panorama filosofico occidentale: Immanuel Kant e Max Weber. Come noto, fu innanzitutto il secondo a contrapporre il suo paradigma di un’«etica della responsabilità» [Verantwortungsethik] – ovvero un’etica (politica) interessata alle conseguenze delle proprie azioni, alla volontà di incidere sulla realtà, al fine di emendarne gli aspetti negativi – a quello di un’«etica dell’intenzione/convinzione» [Gesinnungsethik] di matrice kantiana, ovvero un’etica che si concentra sulla purezza dei principi-guida dell’agire (l’imperativo categorico, in primis, che si esprime appunto come archetipo di ogni dovere possibile), ma che, al tempo stesso, evita di farsi carico degli esiti che essi potrebbero avere sul mondo, in tale prospettiva del tutto ignorato o comunque svalutato rispetto alla sua possibilità di essere migliorato.

L’idea di fondo, che si è provato a coagulare in questa sede in forma corale, pur mantenendo presente l’efficacia del confronto dialettico tra tali paradigmi, ha cercato variamente di mostrare l’inconsistenza di qualsiasi aut-aut tra essi, ovvero la non sostenibilità di una logica ad escludendum: tenere fermo il migliore e più puro principio ovvero propendere per un’attenzione esclusiva al migliore risultato.

Nel procedere lungo questa via, si è innanzitutto inteso tracciare una linea metodica di costitutiva non separabilità tra sfera etica e sfera politica, tra dimensione “privata” e dimensione “pubblica” nelle quali parimenti si inscrive l’agire umano. Si crede infatti che le linee di (pur solo presunto) confine tra tali sfere e dimensioni abbiano subito un processo di erosione chiaro e ad oggi non reversibile. Tale processo può in questa sede essere allusivamente richiamato facendo riferimento, per un verso, alla crescente tendenza di “pubblicazione del privato” che le nuove tecnologie informatiche e “social” mettono a disposizione ad una fascia sempre più larga di popolazione mondiale e, per l’altro, alle molteplici dinamiche di globalizzazione, che rendono del tutto reali gli impatti sulle vite individuali di eventi politici avvenuti anche a molte migliaia di chilometri di distanza, come le recenti recrudescenze terroristiche stanno ampiamente dimostrando.

In secondo luogo, appare opportuno addentrarsi minimamente nel significato di ognuno dei due elementi concettuali che si è qui primariamente inteso mettere alla prova. All’interno di questa seconda considerazione e stipulazione definitoria, il concetto di dovere è innanzitutto compreso per quello che non può non essere: uno dei concetti più antichi dell’etica occidentale. “Dovere” è infatti termine con il quale usualmente si traduce l’espressione kathèkon reperibile nell’opera di Zenone di Cizio, fondatore dello stoicismo, appunto intitolata “Sui doveri”. Sotto il profilo puramente concettuale e, forse, seguendo una declinazione definitoria di matrice moderna, si è soliti predicare l’esistenza di “dovere” laddove esiste la possibilità di un’azione e, conseguentemente, laddove esiste un soggetto agente. In prima approssimazione, si potrebbe dunque sostenere che il dovere rappresenta un obbligo, ovvero la necessità di un’azione dal punto di vista della prima persona. In realtà, a voler seguire il “processo di formazione” della parola – e del conseguente concetto – all’interno dell’opera di Zenone, lo spazio del kathèkon coincide con la centrale idea stoica del “vivere secondo natura”, espressione che rimanda all’esigenza di una coerenza della condotta di vita e, al tempo stesso, alla necessità di fornire ragioni e giustificazioni circa l’avvicinarsi, il conformarsi o meno di tale condotta all’indicazione proveniente dalla natura specifica di ogni essere.

Pensata in tal modo, la dimensione del dovere via kathèkon appare fin da ora non più contenibile nell’“angolo” della Gesinnungsethik, della pura convinzione priva di attenzione per le conseguenze del proprio agire, ovvero della propria impostazione e guida dell’agire possibile. Fuor di metafora: fin dal suo primo delinearsi, la sfera concettuale evocata dal concetto di dovere non sembra disgiungibile da quella che, parallelamente, il concetto di responsabilità pare sviluppare intorno a sé.

Sorge da qui una prima domanda di fondo, che intende connettere il concetto di dovere a quello a questo punto almeno parzialmente correlativo di responsabilità e, insieme, a quello di individualismo. Potrebbe essere presentata in questi termini: esiste e può essere giustificato un dovere inter-individuale, che coinvolga non solo il singolo essere agente, ma sappia anche cogliere un’esigenza di coerenza e responsabilità nei confronti di altri esseri, innanzitutto ma non solo agenti? Detto in altri termini, esiste e può essere legittimato un “dovere di gruppo”, che si esercita in forma collettiva, ma che non per questo esclude, anzi mantiene strutturalmente attiva anche la responsabilità per l’operato di ogni singolo che concorre al suo soddisfacimento?

In diretto legame con tale insieme di notazioni appare la terza considerazione. Essa si rivolge più direttamente al concetto di responsabilità. Quest’ultimo, oggi tanto inflazionato quanto rinnovantesi nei suoi profili di inedita problematicità, può essere considerato uno dei cardini della riflessione morale e politica contemporanea: non solo, infatti, la nozione di responsabilità si lega direttamente alla questione dell’agire umano e al dibattito sulla libertà, ma essa si colloca anche in una posizione cruciale rispetto ai temi mossi dal dibattito sulla democrazia e sulla società. Almeno a partire dalla svolta impressa a tale concetto dall’opera di Hans Jonas, i confini del ‘dominio’ della responsabilità si sono fatti più ampi e sfumati, al punto che diventa estremamente difficile definire dove inizi, ma soprattutto dove finisca la possibilità di applicare tale categoria. Se è chiaro che la responsabilità caratterizza l’agente umano in quanto libero e capace di rispondere delle proprie azioni (e omissioni), può essere meno chiaro quando, come e a chi tale risposta vada data. I confini della responsabilità sono allora in prima approssimazione quelli della rete di relazioni di cui un soggetto è il centro; queste relazioni però non sono soltanto concrete e attuali ma anche virtuali e differite nel tempo e nello spazio: si pensi al concetto di responsabilità nei confronti delle generazioni future o dell’ambiente naturale.

L’uso del termine relazioni non è casuale: è abbastanza ovvio infatti che se non vi è responsabilità in assenza di un soggetto individuale, non c’è posto per essa neppure in assenza di altri soggetti verso i quali possa esercitarsi. La nozione di responsabilità presuppone dunque l’esistenza di altri con cui articoliamo legami di varia natura e specie e nei confronti dei quali abbiamo o sviluppiamo degli impegni (per quanto distanti possano essere nel tempo e nello spazio).

Da queste stesse premesse dipende il versante più propriamente politico della responsabilità: a un livello più ovvio, infatti, chi governa si assume una responsabilità nei confronti di coloro che sono governati. Meno scontata, ma non meno importante, innanzitutto in riferimento a una società democratica, è l’idea che ogni cittadino debba assumersi almeno un grado minimo di responsabilità nei confronti della cosa pubblica (si potrebbe dire, del bene comune) e dei propri concittadini. Tale assunzione può essere caratterizzata in un senso maggiormente ‘procedurale’ (si pensi alle diverse varianti vecchie e nuove di contrattualismo) o in un senso più ‘sostantivo’ come comunanza e condivisione di valori, o addirittura di sentimenti e passioni.

Mentre è piuttosto chiaro come questo secondo senso di responsabilità condivisa a livello sociale sia benefico, se non indispensabile, al buon funzionamento delle nostre società, meno chiaro è come tale propensione possa nascere e di che cosa si nutra. La riflessione sui suoi elementi costitutivi e caratterizzanti, oltre che sul ruolo giocato dalla responsabilità in ambito morale e politico, costituisce dunque un ulteriore comune denominatore degli interventi qui raccolti e della loro interazione.

Si origina a questo livello una seconda domanda di fondo. Essa, seppur molto più ampia per tutti i profili in essa implicati, in parallelo alla prima sopra articolata può ricevere una prima approssimazione in questi termini: esiste e può essere giustificata una responsabilità intra-individuale, ovvero una dimensione responsabile non solo originantesi dal, ma anche arrivante direttamente ed indefettibilmente al singolo, per chiamarlo ad un impegno, un obbligo assoluto e in-condivisibile verso se stesso e la propria condotta?

Nel saldare i profili delle due domande di fondo si confida così che l’ultima parte del titolo che si è inteso conferire a questo insieme di saggi riceva la sua perspicuità e una piena pregnanza semantica. L’espressione oltre l’individualismo intendeva e intende infatti porre in reciproca e rinnovata tensione i concetti di dovere e di responsabilità, ma connettendoli al tempo stesso all’esigenza di un duplice superamento della prospettiva individuale: verso un’intersoggettività e condivisione sempre asintoticamente da costruire, da una parte, verso l’insondabilità della prima persona, che neppure ella può compiutamente portare “all’aperto”, ovvero al linguaggio e alla ragione, dall’altro.

II. Per provare ad offrire la miglior omogeneità all’insieme di lavori, si è pensato di raccoglierli per nuclei tematici e di dividerli quindi in due macrosezioni, che danno ora rispettivamente corpo alle Questioni e Ricerche di questo numero di “Lessico di Etica Pubblica”.

Apre la serie di lavori raccolti nella prima sezione (Questioni) il saggio di Alessandro Pinzani, che affronta direttamente uno dei binomi problematici sopra chiamati in causa: la relazione tra etica e politica. Il tema della responsabilità trova qui posto nel contesto di una riflessione più ampia, che riguarda l’annosa e spinosa questione del rapporto tra potere politico e virtù morale. Partendo da una chiarificazione della distinzione machiavelliana tra sfera della politica e sfera della morale individuale, l’autore si domanda quale spazio resti, all’interno della politica, per la dimensione etica, comunque indispensabile perché la politica non si riduca al mero esercizio della forza. È il tema della forza, ovvero del potere, nelle sue forme di gestione esplicita o spesso sotterranea il filo che unisce questo saggio a quello di Anna Loretoni. Quest’ultimo, all’interno di una prospettiva di genere, elabora una concezione del soggetto in chiave relazionale che cerca una via di fuga sia dall’astrazione dell’individuo di matrice liberal-contrattualista, sia dagli eccessi delle concezioni comunitariste e collettiviste, non evitando di marcare la distanza da una concezione postmoderna di soggettività, che sfuma nella pura performance linguistica. Per converso, la concezione proposta fa leva sul concetto di dipendenza: solo sfatando il mito dell’autosufficienza e sostituendovi l’ideale della cura è possibile ripensare in modo più realistico anche la nozione di autonomia e la stessa idea di giustizia.

I quattro saggi che seguono questo primo duplice inquadramento del nucleo tematico proposto si rivolgono in forma si crede coesa al trinomio dovere- responsabilità-individualismo, accentuandone ora l’una ora l’altra polarità, ma senza mai perderne di vista l’intrinseca co-implicazione. Eleonora Viganò prende così in esame la concezione antropologica di Adam Smith, che vede in ogni individuo la coesistenza coerente di valori morali e interessi economici, tenuti uniti attraverso il concetto di prudenza. La nozione di responsabilità scaturisce qui dal bisogno che ciascun soggetto ha della mediazione degli altri, in qualità di osservatori esterni, per conoscere e valutare se stesso e le proprie azioni. Proseguendo, il saggio di Elena Acuti si concentra maggiormente sul terzo elemento del tema proposto: il superamento dell’individualismo. Partendo da una ricostruzione della soggettività contemporanea ispirata al modello tocquevilliano dell’homo democraticus, con le sue note patologie e vulnerabilità, l’autrice identifica uno spiraglio nel sentimento di simpatia e ne offre un’esemplificazione nei fenomeni associativi, letti secondo la prospettiva della teoria del dono.

Prosegue su questa linea il lavoro di Carlotta Cossutta. Esso presenta e discute la riflessione sulla responsabilità offerta da Manuel Cruz, secondo il quale “farsi carico” significa accettare la propria vita come destino e, al tempo stesso, partecipare al processo di creazione di se stessi. Si tratta di una nozione di responsabilità orientata al futuro, ma ancorata in una stretta relazione con il passato, personale ma intrinsecamente intersoggettiva, dimensione, quest’ultima che non può che emergere dall’incontro con l’altro. Si sposta più direttamente sul primo versante l’intervento di Alessandra Lucaioli. Esso prende infatti in esame la distinzione ciceroniana tra doveri di giustizia e doveri di aiuto materiale, ritornando così ad una delle più influenti fonti del consolidamento semantico del concetto di dovere, contestandola però attraverso la riflessione proposta da Martha Nussbaum, secondo la quale le disuguaglianze sociali e la disparità nella distribuzione delle ricchezze sono di fatto problemi di giustizia, e come tali vanno affrontati e risolti.

Gli ulteriori cinque saggi che vanno a comporre il presente numero della rivista giungono ad arricchire il quadro secondo tre differenti ma non divergenti profili tematici. Se si volesse trovare un angolo di lettura privilegiato, questo potrebbe essere costituito dalla matrice ermeneutica che, esplicita solo nel primo saggio, sembra accompagnarne, nelle classiche sue determinazioni di ermeneutica biblica ed ermeneutica giuridica, tutti i restanti.

Proprio ad Hans-Georg Gadamer, il “padre” dell’ermeneutica contemporanea, è infatti dedicato il saggio iniziale della sezione Ricerche, di Ilaria Nidasio. In esso troviamo una riflessione sull’attualità del pensiero, incentrata sul legame tra saggezza pratica e responsabilità. Scaturisce da tale legame la via della solidarietà, tanto a livello di relazione tra singoli, quanto tra culture e tradizioni religiose. Lungo questa via può infatti cogliersi una possibile applicazione e riattualizzazione della lettura gadameriana della filosofia pratica aristotelica all’attuale società multiculturale.

I saggi che seguono risultano avvicinabili in forma di due ideali dittici prospettici, dedicati rispettivamente alle sfere della teologia e del diritto.

La distinzione tra dovere e responsabilità, messa a tema nell’ambito dell’etica bonhoefferiana, è centrale nel contributo di Fabio Mancini. L’azione responsabile non si radica qui nella certezza di un principio astratto, ma si assume, di volta in volta, il rischio dell’azione situata – il cui spazio non può essere quello di un incorporeo e illusorio individuo, bensì è caratterizzato intrinsecamente dalla relazione con gli altri e con il mondo circostante. L’intervento di Carlo Morganti, ponendosi innanzitutto all’interno della riflessione sullo Stato e sui suoi cittadini, presenta la posizione del teologo Romano Guardini: vivendo nella Germania del primo dopoguerra, egli identificò la causa della deriva totalitaristica nell’allontanamento di Dio dalla sfera pubblica. Tale separazione ha reso i singoli cittadini atomi indistinti anziché persone dotate di dignità individuale, aprendo così la via ai peggiori esiti che quel mondo ha innanzitutto conosciuto. 

Ad alcuni dei più rilevanti “classici” della filosofia del diritto contemporaneo sono quindi dedicati i due contributi finali. Il primo, di Matteo Bonomi, presenta nel suo intervento la prospettiva etica reperibile nella dottrina pura del diritto di Hans Kelsen. Assistiamo qui al rovesciamento del rapporto causale tra libertà e imputabilità: l’uomo è libero in quanto è imputabile, ovvero, in primo luogo, responsabile di sé. Conseguentemente, le strutture giuridiche, le costituzioni e i valori che esse tutelano non sono fini a se stessi; non vanno dunque ipostatizzati o idolatrati ma sottoposti ad attento esame critico per promuoverne il responsabile cambiamento.

Andrea Racca affronta infine la relazione tra dovere e responsabilità attraverso un’analisi comparativa del pensiero di Paul Ricoeur e di Ronald Dworkin, i quali, sebbene da prospettive teoriche differenti, individuano nella connessione tra i due termini un ruolo fondamentale, non solo etico ma anche regolativo-sociale. È dunque il condiviso riferimento alla centrale nozione di dignità umana che permette di offrire una rinnovata e fruttuosa prospettiva nell’intendere la portata giuridica dei concetti raccolti nel titolo e che, al fondo, ne mantiene aperta l’inesauribile esigenza di “traduzione” ermeneutica negli infiniti contesti di convivenza reale.

III. Andando a chiudere questo fascicolo di Lessico di Etica Pubblica, desideriamo innanzitutto ringraziare l’intera redazione e il Direttore della Rivista per la disponibilità e l’attenzione con la quale hanno accolto la proposta tematica, seguendone quindi il suo farsi “corale”, nelle varie fasi preliminari e nella forma finale che qui si presenta.

Non va per altro dimenticato che tale numero monografico ospita i lavori presentati nell’ambito della XV edizione della Scuola di Alta Formazione di Acqui Terme. Accanto a tutte le autrici e gli autori dei contributi qui raccolti, per il loro impegno e attenzione nel voler contribuire a questo lavoro scientifico nato dal dialogo in comune, i curatori desiderano ringraziare anche i professori Luca Fonnesu, Francesco Miano e Roberto Mordacci, che hanno integrato le riflessioni acquesi con i loro ulteriori e preziosi contributi, ora non ricompresi nel presente volume per le tempistiche di pubblicazione che si sono rese necessarie.

Per altro, il coordinatore della Scuola di Alta Formazione, Alberto Pirni, desidera in questa sede rinnovare la propria gratitudine a quanti hanno ancora una volta reso possibile la realizzazione di questo seminario residenziale: in primis il Comune di Acqui Terme, che annualmente offre il proprio determinante contributo e fattiva disponibilità ad ospitare la Scuola presso la propria prestigiosa sede, nelle persone del Sindaco Enrico Bertero e del Consigliere delegato Carlo Sburlati. Accanto ad esso va ricordato l’Istituto Nazionale Tributaristi e il Lions Club Host di Acqui Terme, che contribuiscono significativamente all’erogazione di borse di studio per i giovani e promettenti studiosi di anno in anno coinvolti nel seminario. Non va poi dimenticato l’irrinunciabile sostegno scientifico e organizzativo che ormai tradizionalmente offrono alla Scuola il Dipartimento di Filosofia, Storia e Antichità dell’Università di Genova, insieme al Settore di Scienze politiche (Area di Filosofia politica) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Ultimo ma non da ultimo, la Scuola si inserisce nell’ampio programma annuale di Scuole di Alta Formazione promosso dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Ad esso, innanzitutto nelle persone dei professori Aldo Tonini e Antonio Gargano, va quindi un ulteriore riconoscente pensiero.

Alberto Pirni, Marta Sghirinzetti

Pisa – Milano, gennaio 2015

INDICE

Questioni

A. Pinzani, Etica e politica: una relazione tesa
A. Loretoni, Individualismo, autonomia e conformismo nello spazio pubblico. Teoria politica e studi di genere
E. Viganò, La prudenza come superamento dell’individualismo e dell’egoismo del soggetto di Adam Smith
E. Acuti, Dono e associazionismo da Tocqueville alle società contemporanee
C. Cossutta, Farsi carico. Il tema della responsabilità in Manuel Cruz
A. Lucaioli, Doveri di giustizia e doveri di aiuto materiale: una distinzione ancora sostenibile?

Ricerche

E. Nidasio, La ripresa della filosofia pratica antica nel pensiero di Hans-Georg Gadamer 
F. Mancini, Spazio del dovere e luogo della responsabilità in Dietrich Bonhoeffer
C. Morganti, Agire etico e responsabilità davanti a Dio: lo Stato in Romano Guardini
M. Bonomi, L’etica del positivismo giuridico. Dovere e responsabilità nella dottrina pura del diritto di Hans Kelsen
A. Racca, Responsabilità e dignità umana: per un’etica giuridica? Un dialogo tra Ronald Dworkin e Paul Ricoeur


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